Il conflitto commerciale tra Italia e Stati Uniti si sta ampliando, superando la questione dei dazi che minacciano i prodotti del made in Italy. Recentemente, il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato una nuova strategia che prevede la disconnessione dalle convenzioni fiscali dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico . Questa mossa potrebbe avere ripercussioni significative sulla tassazione delle grandi multinazionali tecnologiche, che operano anche in Italia, attraverso l’introduzione di web tax.
La guerra commerciale si espande
La tensione tra Italia e Stati Uniti non si limita più ai dazi doganali, ma si estende ora alla fiscalità internazionale. Le grandi aziende tecnologiche, note come big tech, stanno cercando di evitare l’applicazione delle imposte nazionali, creando un contesto di incertezza per il mercato italiano. La questione dei dazi, che ha già causato danni ai prodotti italiani esportati negli Stati Uniti, si complica ulteriormente con l’introduzione di nuove politiche fiscali.
La Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate italiane stanno considerando l’idea di applicare l’IVA sui dati raccolti dalle multinazionali. Questo approccio implica che, quando un utente si iscrive a un servizio come Facebook, non sta solo accettando di utilizzare la piattaforma, ma sta anche “acquistando” un servizio attraverso la cessione dei propri dati. Tuttavia, Meta, la società madre di Facebook, non riconosce questa interpretazione, sostenendo che i dati non possono essere considerati come una forma di pagamento.
Il contenzioso fiscale e le sue implicazioni
La disputa fiscale tra Italia e le big tech potrebbe non risolversi facilmente. La questione potrebbe arrivare fino alla Corte di Giustizia Europea, con il rischio di coinvolgere anche la Procura Europea . La posizione di Meta e di altre aziende simili potrebbe portare a un allungamento dei tempi di risoluzione, complicando ulteriormente le relazioni commerciali tra i due paesi.
Il caso di Facebook è emblematico, ma non è l’unico. Anche Amazon, ad esempio, utilizza un modello di business che implica la cessione dei dati da parte degli utenti ai venditori esterni. Questo meccanismo potrebbe portare a una significativa evasione fiscale, stimata in miliardi di euro, poiché molte vendite, apparentemente registrate come commercializzazione all’estero, potrebbero in realtà essere configurabili come operazioni nazionali. Di conseguenza, si renderebbe necessario il pagamento dell’IVA in Italia.
Le prospettive future per le big tech
La questione dell’IVA sui dati acquisiti dalle grandi aziende tecnologiche rappresenta un passo importante nella lotta contro l’evasione fiscale. Dopo anni di discussioni e tentativi di trovare soluzioni, l’Italia sembra orientata verso l’applicazione di questa tassa. Le implicazioni di tale decisione potrebbero essere enormi, non solo per le aziende coinvolte, ma anche per il mercato italiano nel suo complesso.
Le autorità fiscali italiane stanno cercando di stabilire un precedente che potrebbe influenzare le politiche fiscali a livello globale. Se l’Italia riuscisse a implementare con successo l’IVA sui dati, potrebbe fungere da modello per altri paesi che si trovano ad affrontare sfide simili con le multinazionali tecnologiche. La battaglia commerciale tra Italia e Stati Uniti, quindi, non è solo una questione di dazi, ma un confronto più ampio sulla giustizia fiscale e sulla regolamentazione delle nuove economie digitali.