In un controverso caso di cronaca nera che ha riacceso l’attenzione su omicidi irrisolti, il DNA ha fornito nuovi indizi decisivi sull’omicidio di Maria Luigia Borrelli, avvenuto a Genova nel 1995. Secondo la genetista Marina Baldi, il profilo genetico estratto dalla scena del crimine corrisponde in modo inequivocabile al sospettato, Fortunato Verduci, un carrozziere di 65 anni. Le indagini, risalenti a un periodo di oltre vent’anni, gettano una nuova luce su un caso che ha scosso la città e ha portato alla luce dettagli inquietanti.
La perizia genetica e le sue implicazioni
Il giudice per le indagini preliminari Alberto Lippini ha presieduto oggi un’importante udienza sul caso, dove è stata approfondita la perizia sul DNA. Marina Baldi ha parlato di una corrispondenza “esaustiva” tra il DNA di Verduci e quello trovato sulla scena del delitto, con una probabilità di attribuzione superiore a 100 miliardi rispetto alla popolazione mondiale. Questa sottolineatura non fa altro che accrescere il potere probatorio degli indizi raccolti fino a questo momento, rendendo l’ipotesi di colpevolezza di Verduci sempre più concreta.
L’avvocata Rachele De Stefanis, che rappresenta i familiari di Maria Luigia, ha dichiarato che le indagini si trovano in uno stadio avanzato, senza aver riscontrato elementi capaci di mettere in discussione le conclusioni arrivate finora. La famiglia è certa che, con questi nuovi sviluppi, si possa giungere finalmente a una chiusura del caso. Con un quadro indiziario definito “granitico”, l’interesse della pubblica accusa è ora quello di procedere rapidamente per giungere a un esito definitivo.
Il profilo di Fortunato Verduci e gli sviluppi legali
Fortunato Verduci, pur essendo stato accusato, resta un uomo libero. Le richieste di arresto da parte della procura sono state respinte dal gip, dal Riesame e persino dalla Cassazione, tutti concordi nel ritenere insufficienti le prove per un provvedimento restrittivo. Verduci è stato individuato grazie a un DNA estratto da una macchia di sangue rinvenuta nella casa in cui si consumò il crimine.
La sua identificazione è avvenuta attraverso un lontano parente recluso nel carcere di Brescia, il cui profilo genetico ha avviato un delicato processo investigativo che ha portato a legare il carrozziere al delitto. Gli avvocati Andrea Volpe ed Emanuele Canepa, che difendono Verduci, si trovano a gestire una situazione complessa, avendo a che fare con un quadro accusatorio che si fa sempre più pesante, nonostante il loro assistito goda ancora della libertà.
Connessione con altri casi irrisolti
L’interesse delle autorità si espande ben oltre il caso di Maria Luigia Borrelli. Negli ultimi tempi, la pubblica accusa ha riattivato l’inchiesta su un altro delitto, quello di Anna Rossi Lamberti, la merciaia uccisa a Genova nel 1998. In questi frangenti, il DNA di Verduci è stato confrontato anche con le tracce biologiche raccolte sulla scena di quest’altro omicidio. Le somiglianze potrebbero fornire ulteriori elementi per solidificare l’accusa o, al contrario, per assolvere il carrozziere qualora le analisi non corrispondessero.
Le dinamiche di questa indagine evidenziano l’importanza del DNA come strumento investigativo e la continua interconnessione tra casi di cronaca che, a distanza di anni, tornano a collocarsi al centro dell’attenzione di pubblica accusa e investigatori. La speranza è di fare luce sui delitti irrisolti della città, regalando giustizia a famiglie che attendono da troppo tempo risposte.
La situazione è in continua evoluzione e gli sviluppi potrebbero fornire nuovi spunti per un caso che, oltre a far discutere, porta in superficie le complessità delle indagini su crimini risalenti a decenni fa.