Marjan Jamali: la storia di una donna iraniana in fuga e detenuta in Italia

Marjan Jamali, 29 anni, iraniana in arresto domiciliare a Camini (Calabria) dopo la fuga da un marito violento, affronta accuse di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. Udienza il 24 marzo 2025.
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Marjan Jamali: la storia di una donna iraniana in fuga e detenuta in Italia - unita.tv

La vicenda di Marjan Jamali, una giovane donna iraniana di 29 anni, rappresenta un dramma che si intreccia con le difficoltà legate all’immigrazione e alla violenza di genere. Attualmente agli arresti domiciliari in Italia, la sua storia è emersa in un contesto di crescente attenzione verso le violazioni dei diritti umani e le difficoltà delle donne migranti. Dopo l’assoluzione di un’altra donna iraniana, Maysoon Majidi, Amnesty International Italia chiede che anche Jamali possa ricevere giustizia. La sua esperienza mette in luce le problematiche legate al trattamento delle donne in fuga da situazioni di violenza e repressione.

La fuga dall’iran e le violenze in mare

Marjan Jamali ha lasciato l’Iran nel tentativo di sfuggire a un marito violento e a un regime oppressivo. La sua fuga, avvenuta nell’ottobre 2023, ha rappresentato un viaggio carico di speranza ma anche di orrori. Durante la traversata del Mediterraneo, Jamali ha subito molestie da parte di tre uomini, che l’hanno poi accusata di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. Questo episodio ha complicato ulteriormente la sua già difficile situazione legale. Arrivata al porto di Roccella Jonica, in Calabria, il 28 ottobre 2023, è stata arrestata due giorni dopo.

Attualmente, Marjan vive in una situazione di arresti domiciliari con il suo bambino di otto anni, ospitata dalla cooperativa “Jungi Mundu” a Camini. La sua vicenda è emblematicamente rappresentativa delle difficoltà che affrontano le donne migranti, spesso vittime di violenze e abusi, che si trovano a dover affrontare un sistema giuridico che non sempre è in grado di garantire loro protezione e giustizia. La nuova udienza del suo processo è fissata per lunedì 24 marzo 2025, un momento cruciale per la sua vita e per la sua famiglia.

Le accuse e le problematiche del sistema giuridico italiano

Marjan Jamali è accusata di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, un reato che, secondo la legge italiana, può essere applicato senza distinzione tra chi agisce per profitto e chi, come nel suo caso, si trova in situazioni di emergenza. Questa normativa, contenuta nell’articolo 12 del Testo Unico sull’Immigrazione, è stata criticata per la sua rigidità e per la mancanza di considerazione delle circostanze individuali. A livello internazionale, infatti, il traffico di esseri umani è riconosciuto solo quando vi è un vantaggio economico, mentre la legge italiana non distingue tra le varie situazioni.

Dopo il suo arresto, Marjan ha richiesto più volte l’assistenza di un mediatore culturale per comprendere le accuse a suo carico, ma ha ricevuto aiuto solo dopo diversi mesi e non nella sua lingua madre. Questo rappresenta una violazione del diritto garantito dall’articolo 111 della Costituzione italiana, che stabilisce la necessità di un traduttore per chi non comprende la lingua del processo. La sua storia mette in evidenza le lacune del sistema giuridico italiano e la necessità di riforme che possano garantire un trattamento equo e giusto per le donne migranti.

Le richieste di amnesty international

Amnesty International, attraverso il portavoce Riccardo Noury, ha espresso preoccupazione per l’inasprimento delle leggi italiane contro l’immigrazione e per la crescente criminalizzazione delle persone migranti. Secondo l’organizzazione, la confusione tra “scafisti” e “trafficanti” ha portato a una situazione in cui chi cerca di aiutare le persone in difficoltà rischia di essere perseguito penalmente. Noury ha sottolineato l’urgenza di riformare la legislazione sul favoreggiamento dell’ingresso irregolare, affinché non si puniscano le persone che agiscono in buona fede.

Amnesty International sta seguendo da vicino i casi di Marjan Jamali e Maysoon Majidi, denunciando le violazioni dei diritti umani e le carenze nei sistemi di asilo. L’organizzazione chiede che l’Italia e l’Europa garantiscano protezione alle donne in fuga dalla violenza, evitando di criminalizzarle per le circostanze che le hanno costrette a scappare. La vicenda di Marjan Jamali rappresenta un appello urgente affinché le procedure di asilo possano diventare strumenti di protezione anziché di punizione.