L’udienza del 18 marzo 2025 ha visto protagonista Moussa Sangare, accusato dell’omicidio di Sharon Verzeni, avvenuto la notte del 30 luglio 2024 a Terno d’Isola. Durante l’udienza, l’imputato ha richiesto di parlare, cercando di ribaltare le sue precedenti confessioni. La Corte ha disposto una perizia psichiatrica per valutare la sua capacità di intendere e volere al momento del delitto. La vicenda ha suscitato grande attenzione, coinvolgendo la famiglia della vittima e il pubblico presente in aula.
L’udienza e la richiesta di Moussa Sangare
Moussa Sangare, 30 anni, si è presentato in aula per la seconda volta, dopo aver confessato l’omicidio in tre occasioni distinte. Nonostante le sue precedenti dichiarazioni, oggi ha negato di aver accoltellato Sharon Verzeni, sostenendo di essere stato un semplice testimone dell’evento. Durante la sua arringa, ha affermato: «Non ci sono ancora prove che mi fanno colpevole su quel fatto». La Corte d’Assise, presieduta da Patrizia Ingrascì, ha ascoltato attentamente le sue parole, mentre la famiglia della vittima, composta dal padre Bruno, dalla sorella Melody e dallo zio Ernesto, era presente in aula.
Sangare ha cercato di giustificare la sua presenza sul luogo del delitto, affermando che il coltello trovato in riva all’Adda fosse un utensile da barbecue e che i vestiti gettati nel fiume fossero stati abbandonati per paura di essere riconosciuto dal vero assassino. La sua versione, però, ha sollevato dubbi, considerando che tracce di DNA della vittima sono state rinvenute sulla sua bicicletta.
La ricostruzione dell’omicidio e le contraddizioni
La testimonianza di Sangare ha suscitato interrogativi, poiché la sua versione attuale sembra contraddire le ammissioni fatte in precedenza. Inizialmente, aveva dichiarato di aver assistito all’agguato contro Sharon, per poi crollare e ammettere di averla uccisa in un momento di forte emotività. Oggi, però, ha ribadito di essere fuggito dalla scena dell’omicidio, temendo che si trattasse di un episodio legato alla droga. La sua narrazione ha incluso dettagli sulla sua fuga in bicicletta, ma ha anche fatto riferimento a presunti maltrattamenti da parte dei carabinieri durante la detenzione.
Sangare ha descritto il suo stato d’animo durante le prime ore di interrogatorio, sostenendo di aver rilasciato dichiarazioni false sotto pressione. Ha affermato di essere stato in caserma per tre giorni senza dormire e di aver fumato una sigaretta tra un’interrogazione e l’altra. Le sue affermazioni sembrano cercare di smontare le prove raccolte contro di lui, ma la Corte dovrà valutare la credibilità delle sue dichiarazioni.
La perizia psichiatrica e i prossimi passi del processo
L’udienza si è conclusa con la decisione di affidare una perizia psichiatrica a Giuseppina Paulillo, che inizierà il suo lavoro il primo aprile. La dottoressa dovrà stabilire se Sangare fosse in grado di intendere e volere al momento dell’omicidio e se presenti patologie psichiche. La prossima udienza è fissata per il 22 settembre, quando verrà esaminato il rapporto della perizia.
Il pubblico ministero Sergio Monchieri, l’avvocato della difesa Alessandro Calvo e l’avvocato della parte civile Massimo Biza saranno presenti per seguire l’andamento del processo. L’avvocato Giacomo Maj, che rappresenta Sangare, ha acconsentito all’acquisizione degli atti d’indagine per facilitare la perizia, ma valuterà successivamente se richiederne l’accesso per il processo.
Le reazioni della famiglia della vittima
Dopo l’udienza, Ernesto Verzeni ha commentato le dichiarazioni di Sangare, affermando che ci vuole coraggio a pronunciare falsità. L’avvocato Luigi Scudieri, che rappresenta la famiglia di Sharon, ha dichiarato che l’imputato ha dimostrato di avere la capacità di difendersi, sottolineando la lucidità delle sue affermazioni. La famiglia di Sharon, che si è costituita parte civile, continua a seguire il processo con attenzione, sperando che la verità venga a galla e che giustizia venga fatta per la loro amata.