Stupro di gruppo in Calabria: sei condanne per abusi su minorenni a Palmi

Il gup di Palmi condanna sei uomini per abusi su due ragazze minorenni, evidenziando il contesto di intimidazione e paura nella Piana di Gioia Tauro. Rocco Raco riceve 13 anni.
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Stupro di gruppo in Calabria: sei condanne per abusi su minorenni a Palmi - unita.tv

Un caso di violenza che ha scosso la comunità calabrese è giunto a una svolta decisiva con la sentenza emessa dal gup di Palmi. Sei individui, legati a famiglie con forti legami con la criminalità organizzata, sono stati condannati per aver perpetrato abusi su due ragazze minorenni. La gravità delle accuse e le modalità con cui sono stati commessi i reati hanno suscitato indignazione e preoccupazione, evidenziando un problema sociale che affligge la regione.

La sentenza del gup di Palmi

Il gup di Palmi ha emesso una sentenza che ha portato a sei condanne e sei assoluzioni in merito al caso di stupro di gruppo. Le vittime, due ragazze di 14 anni, provenienti rispettivamente da Seminara e Oppido Mamertina, hanno subito abusi per un lungo periodo. Rocco Raco ha ricevuto la pena più severa, con 13 anni di reclusione, seguito da Giuseppe Francesco Caia con otto anni, e Salvatore Infantino ed Emanuele Montani, entrambi condannati a sette anni. Michele Piccolo e Placido Caia hanno ricevuto cinque anni di pena. È importante notare che il gup ha escluso le aggravanti, permettendo così agli imputati di beneficiare della riduzione della pena grazie alla scelta del rito abbreviato.

Gabriella Castelletti, madre di una delle vittime, ha espresso il suo dolore e la sua rabbia, affermando che la sentenza ha confermato la condizione di vittima di sua figlia. La testimonianza di Gabriella mette in luce non solo la sofferenza delle ragazze, ma anche il contesto di paura e intimidazione in cui si sono trovate a vivere.

Le modalità degli abusi e la cultura del silenzio

Le violenze inflitte alle due ragazze non sono state solo fisiche, ma hanno anche avuto un forte impatto psicologico. Per due anni, le giovani sono state oggetto di minacce e abusi da parte di un gruppo di ragazzi, molti dei quali legati a famiglie di esponenti della criminalità organizzata della Piana di Gioia Tauro. Gli aggressori non si limitavano a commettere gli atti violenti, ma filmavano gli abusi, diffondendo le immagini tra i coetanei per alimentare un clima di terrore e umiliazione.

Le ragazze, spaventate dalle minacce di morte rivolte ai loro genitori, hanno vissuto in un contesto di isolamento e paura. Gabriella ha raccontato come sua figlia Clelia, nonostante il dolore, non le abbia mai rivelato quanto stava subendo, temendo per la sicurezza della famiglia. Questo silenzio forzato è emblematico di una cultura del terrore che impedisce alle vittime di denunciare gli abusi.

L’intervento delle forze dell’ordine

La situazione è cambiata grazie all’intervento della polizia di Palmi, guidata dalla dottoressa Concetta Gangemi. Gli agenti, mentre indagavano su altre attività criminali, hanno intercettato conversazioni tra gli imputati che hanno rivelato la gravità delle violenze. Questo ha permesso di avviare un’inchiesta approfondita e di raccogliere prove sufficienti per portare i colpevoli di fronte alla giustizia.

L’operato della polizia ha dimostrato l’importanza di un’azione tempestiva e mirata per affrontare situazioni di abuso e violenza, specialmente quando coinvolgono minorenni. La scoperta delle intercettazioni ha rappresentato un punto di svolta, permettendo di rompere il muro del silenzio e di dare voce a chi, per troppo tempo, era rimasto inascoltato.

Il caso ha messo in luce non solo la brutalità degli atti commessi, ma anche la necessità di un cambiamento culturale e sociale per proteggere le vittime e prevenire simili atrocità in futuro.