Nel 2005, la Gazzetta Europea sancì il riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta per l’Oliva Ascolana del Piceno, includendo tanto l’oliva verde in salamoia quanto quella farcita di carne. A vent’anni di distanza, il Consorzio Tutela e Valorizzazione dell’Oliva Ascolana del Piceno DOP, insieme a organizzazioni agricole come Cia, Coldiretti, Confagricoltura e Copagri, lancia un accorato invito al Ministero dell’Agricoltura. L’obiettivo è fare seguito alle indagini avviate dai Carabinieri Forestali nel giugno del 2024, riguardanti l’uso corretto delle etichette per le olive commercializzate.
L’importanza della legittima comunicazione delle etichette
La corretta etichettatura è fondamentale per la tutela delle denominazioni di origine protetta. Le associazioni citano che il termine “ascolana” e ogni sua variante non autorizzata può essere utilizzata unicamente per le olive certificate DOP. Qualsiasi uso improprio di questa denominazione è considerato un’illecita evocazione della DOP. Le sanzioni pecuniarie già irrogate dai Carabinieri nel 2024 hanno dimostrato la volontà di combattere il fenomeno del falso riconoscimento. Gli operatori del settore devono rimuovere dalle etichette ogni riferimento che possa fuorviare i consumatori. Giuridicamente, le sole parole legittimate a comparire sono quelle con un chiaro richiamo geografico, come Ascoli o Piceno.
Un impegno che va oltre l’Oliva Ascolana
Il Ministero dell’Agricoltura ha mostrato un forte impegno nella salvaguardia delle denominazioni protette nel corso degli anni. I responsabili hanno affrontato vari contenziosi, che hanno visto il loro apice fino in Cassazione. Recenti sentenze hanno affermato la necessità di proteggere il Prosciutto di Modena DOP e il Pecorino Sardo, riconoscendo come illecite evocazioni nomi ad essi dissimili. Queste azioni confermano la necessità di una protezione rigorosa delle risorse agricole nazionali.
Le sfide dell’Oliva Ascolana e le opportunità di sviluppo
Nell’arco di due decenni, l’Oliva Ascolana ha rappresentato un simbolo per la Regione Marche. Sono emerse criticità però, legate alla mancanza di comprensione da parte del mondo politico e imprenditoriale sul valore aggiunto offerto dal settore agricolo. I benefici economici e formativi legati alla coltivazione dell’oliva ascolana, dalle opportunità di lavoro creato alla valorizzazione degli oliveti, devono essere messi in evidenza. Inoltre, la produzione delle olive deve essere sostenibile, riducendo la necessità di risorse idriche e evitando l’utilizzo di sostanze inquinanti, grazie all’innovazione e alla ricerca locale.
Necessità di chiarezza per un futuro sostenibile
La confusione attuale legata all’uso di nomi inadeguati nei prodotti alimentari sta ostacolando fortemente la filiera dell’Oliva Ascolana. L’abuso del termine “ascolana” su prodotti non certificati porta alla dispersione del valore aggiunto acquisito attraverso il riconoscimento DOP. È fondamentale ripristinare il legame tra il prodotto agricolo e la sua origine geograficamente protetta. Rimanere fermi ai vecchi errori, dopo venti anni di perseverante lavoro per la tutela della DOP, risulterebbe controproducente e dannoso per il futuro del settore agricolo marchigiano.