La vita e l’eredità di Giuseppe Botti: il demotista che ha rivoluzionato l’egittologia italiana

Giuseppe Botti, egittologo di Vanzone, ha dedicato la vita allo studio dei papiri e alla scrittura demotica, collaborando con Ernesto Schiaparelli e formando generazioni di studiosi a Roma.
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Giuseppe Botti, un nome che risuona con forza nel panorama dell’egittologia italiana, ha dedicato la sua vita allo studio dei papiri e alla decifrazione di antichi testi. Nato nel 1889 a Vanzone, un piccolo comune del Piemonte, Botti ha saputo trasformare il dolore personale in una carriera straordinaria, diventando un punto di riferimento per gli studiosi di linguistica e archeologia. La sua storia è intrisa di passione per le lingue e di un’incredibile dedizione alla ricerca, che lo ha portato a collaborare con figure di spicco come Ernesto Schiaparelli.

Le origini di Giuseppe Botti

Giuseppe Botti è cresciuto in una famiglia di commercianti, con un negozio di drapperie a Vanzone. Le sue radici affondano in una tradizione di lavoro e sacrificio, con un nonno paterno che, emigrato dalla provincia di Parma, ha cercato fortuna nel nord del Piemonte. La sua formazione scolastica è stata influenzata da un’educazione cattolica, che ha segnato profondamente il suo approccio alla vita e alla cultura. Dopo aver completato le scuole elementari dai Salesiani e il Ginnasio dai Rosminiani, Botti si è trasferito a Torino per studiare Lettere, laureandosi nel 1913 con una tesi sulla letteratura cristiana. La sua passione per le lingue e i dialetti, in particolare il dialetto anzaschino, lo ha portato a collaborare con l’Opera del Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana, dove il suo contributo è stato riconosciuto come fondamentale per la dialettologia italiana.

L’incontro con Ernesto Schiaparelli

La vita di Botti ha subito una svolta decisiva quando ha incontrato Ernesto Schiaparelli, un pioniere dell’egittologia e direttore del Museo Egizio di Torino. In un periodo in cui il museo stava vivendo una fase di grande espansione e rinnovamento, Botti ha avuto l’opportunità di lavorare a stretto contatto con Schiaparelli, che ha riconosciuto il suo talento e la sua passione per lo studio dei papiri. Botti ha iniziato a concentrarsi sulla scrittura demotica, un sistema di scrittura egiziano che lo affascinava per la sua rapidità e versatilità. Sotto la guida di Schiaparelli, ha intrapreso un lavoro meticoloso di ordinamento e catalogazione dei papiri, contribuendo in modo significativo alla conservazione e alla comprensione di questi preziosi documenti storici.

La carriera di Botti e il suo contributo all’egittologia

Dopo la morte di Schiaparelli nel 1928, Botti ha affrontato nuove sfide professionali. Nonostante il suo talento, è stato messo da parte a favore di Giulio Farina, un ispettore del Museo Archeologico di Firenze. Senza appoggi e in una posizione scomoda, ha deciso di trasferirsi a Firenze e successivamente a Praga, dove ha continuato i suoi studi sul demotico. La sua perseveranza è stata premiata nel 1932, quando ha avuto l’opportunità di lavorare su una vasta collezione di papiri scoperti da Carlo Anti a Tebtynis. Questo incarico ha rappresentato un momento cruciale nella sua carriera, permettendogli di consolidare la sua reputazione come esperto di demotico e di contribuire in modo significativo alla ricerca egittologica.

Riconoscimenti e l’eredità di Giuseppe Botti

Nel corso della sua carriera, Giuseppe Botti ha ricevuto numerosi riconoscimenti per il suo lavoro pionieristico. Nel 1939, è stato definito il primo demotista nella storia dell’egittologia italiana, un titolo che riflette la sua dedizione e il suo impatto nel campo. A 67 anni, ha ottenuto un incarico presso La Sapienza di Roma, dove ha formato generazioni di egittologi. Nonostante il suo successo accademico, Botti ha sempre mantenuto un forte legame con le sue origini, tornando ogni estate a Vanzone, dove ha ospitato alcuni dei più grandi studiosi dell’egittologia. La sua frase, “Forse gli astronomi vanno sulle stelle?”, riassume la sua umiltà e il suo approccio alla vita, un uomo che, pur avendo raggiunto vette straordinarie, ha sempre mantenuto un legame profondo con le sue radici.