L’attacco del 7 ottobre ha scosso profondamente la comunità internazionale, portando alla luce le tensioni persistenti tra Israele e Palestina. Majallie Whbee, ex deputato israeliano e attuale ambasciatore dell’Assemblea parlamentare del Mediterraneo, ha rilasciato dichiarazioni significative riguardo a questo tragico evento. Secondo Whbee, le vittime di quel giorno non erano solo innocenti, ma anche persone che contribuivano attivamente al benessere della popolazione palestinese. Le sue parole pongono interrogativi sulla percezione del conflitto e sull’importanza di riconoscere la complessità delle relazioni tra le due comunità.
Il ritiro da Gaza e le aspettative del 2005
Nel 2005, Israele ha effettuato un ritiro totale dalla Striscia di Gaza, restituendo ogni centimetro di territorio. Questo gesto era stato interpretato come un’opportunità per i palestinesi di costruire una società pacifica e prospera. Whbee ha ricordato che l’intento di quel ritiro era di favorire la pace, ma la realtà si è rivelata ben diversa. L’ex deputato ha sottolineato che il 7 ottobre ha segnato un punto di non ritorno, con un attacco brutale che ha colpito civili innocenti, tra cui donne, bambini e anziani nei kibbutz e negli insediamenti circostanti. La brutalità di quell’evento ha sollevato interrogativi sulla sicurezza e sulla protezione dei cittadini israeliani.
La condanna del terrorismo e il diritto alla difesa
Whbee ha evidenziato la necessità di condannare il terrorismo in tutte le sue forme. Secondo lui, la mancanza di una condanna chiara porta a una giustificazione degli atti violenti. Ha affermato con fermezza che Israele è una democrazia e ha il diritto di difendersi. Le sue parole pongono l’accento sulla responsabilità della comunità internazionale nel riconoscere e affrontare il terrorismo, affinché non venga mai giustificato. La questione della sicurezza è centrale nel discorso israeliano, e Whbee ha ribadito che la difesa dei cittadini è una priorità assoluta.
Instabilità in Cisgiordania e il ruolo di gruppi terroristici
L’ambasciatore ha anche parlato della crescente instabilità in Cisgiordania, attribuendo la colpa a gruppi terroristici sostenuti dall’Iran e da Hezbollah. Questi gruppi, secondo Whbee, non solo fomentano la violenza, ma riforniscono anche i militanti di armi attraverso rotte di contrabbando. Ha espresso preoccupazione per il fatto che, invece di costruire una vita normale sotto l’Autorità Palestinese, questi gruppi si concentrano sulla minaccia a Israele e sulla destabilizzazione della regione. La sua analisi mette in luce la complessità della situazione e il ruolo di attori esterni nel conflitto.
La questione del cessate il fuoco
Whbee ha sottolineato l’importanza di un cessate il fuoco, ma ha avvertito che deve essere rispettato da entrambe le parti per avere successo. Ha messo in evidenza che se Hamas e la Jihad Islamica continuano a utilizzare i civili come scudi umani e a nascondere le proprie infrastrutture terroristiche nei tunnel sotto Gaza, il cessate il fuoco non potrà mai essere una vera soluzione. Questa affermazione evidenzia la difficoltà di raggiungere una pace duratura in un contesto così complesso e carico di tensioni.
Relazioni di pace con i Paesi arabi
Nonostante il conflitto, Whbee ha affermato che Israele mantiene relazioni di pace con diversi Paesi arabi, tra cui Egitto, Emirati Arabi Uniti e Bahrain. Questi Stati, secondo l’ambasciatore, rispettano i loro accordi con Israele. Ha sollevato un interrogativo cruciale: perché Hamas e altri gruppi armati rifiutano la pace e continuano a perpetuare il terrorismo? Questa domanda riflette la frustrazione di molti israeliani di fronte a una situazione che sembra stagnante e priva di prospettive di risoluzione.