L’intelligenza artificiale e l’automazione stanno trasformando il mondo del lavoro, portando con sé sia vantaggi che sfide, in particolare per le donne. Queste tecnologie, sebbene promettano maggiore efficienza e nuove opportunità, rischiano di amplificare le disuguaglianze di genere. Le donne si trovano ad affrontare un rischio maggiore di sostituzione lavorativa e sono sottorappresentate nei settori tecnologici che guidano questa trasformazione.
Il paradosso digitale: più istruzione, maggiore vulnerabilità
L’avanzata della tecnologia è inarrestabile e ha un impatto significativo sul mercato del lavoro. Secondo il report “Building Tomorrow’s Workforce” di Code First Girl, le donne hanno una probabilità del 40% superiore rispetto agli uomini di vedere le proprie mansioni sostituite dall’automazione. Questa situazione si complica ulteriormente con i dati del Fondo Monetario Internazionale, che prevedono che nei prossimi venti anni circa 26 milioni di posti di lavoro femminili in 30 paesi, tra cui 28 membri dell’OCSE, Cipro e Singapore, saranno ad alto rischio di automazione, con una probabilità che supera il 70%.
Il problema non si limita alla quantità di posti di lavoro a rischio, ma si estende anche alla qualità delle opportunità disponibili. Il “Global Gender Gap Report 2023” del World Economic Forum rivela che solo il 29% della forza lavoro nei settori scientifici e tecnologici è composto da donne, con una predominanza in ruoli entry-level e limitate possibilità di carriera. In Italia, nonostante le donne abbiano superato gli uomini nel conseguimento di diplomi e lauree , la loro presenza nelle posizioni decisionali è ancora bassa: solo il 21,1% dei dirigenti e il 32,4% dei quadri è donna, secondo i dati forniti dall’INPS.
Le radici della disparità: settori vulnerabili e pregiudizi tecnologici
Le donne sono spesso impiegate in settori ad alta automazione, come la sanità, l’istruzione e l’amministrazione, dove l’intelligenza artificiale sta già sostituendo molte mansioni ripetitive, dalla gestione documentale all’ottimizzazione dei processi. Tuttavia, esiste anche un ostacolo meno evidente: il pregiudizio di genere presente nei modelli di intelligenza artificiale. Uno studio dell’UNESCO del 2024, intitolato “I’d Blush if I Could: Closing Gender Divides in Digital Skills“, mette in luce come la mancanza di diversità nei team di sviluppo aumenti il rischio di creare sistemi con bias di genere. Quando gli algoritmi vengono progettati in contesti poco inclusivi, tendono a perpetuare le disuguaglianze anziché contribuire alla loro riduzione.
Strategie per un’equità digitale: riscrivere il futuro
Per affrontare queste sfide e trasformarle in opportunità, è fondamentale investire nella formazione digitale. Non si tratta solo di insegnare alle donne a utilizzare nuovi software, ma di sviluppare percorsi formativi personalizzati che valorizzino le competenze trasversali femminili, integrandole nell’ecosistema digitale. Un esempio significativo è rappresentato dal programma europeo “Women ReBOOT“, che supporta le donne nel rientro nel settore tecnologico dopo un’interruzione di carriera.
In aggiunta, la diversità nel settore tecnologico deve diventare una priorità strategica, non solo un obiettivo di immagine. La partecipazione attiva delle donne nello sviluppo dell’intelligenza artificiale porta a algoritmi più inclusivi. Secondo uno studio dell’UNESCO del 2024, la diversità nei team di sviluppo riduce del 43% la probabilità di generare sistemi con pregiudizi di genere. Investire nella diversità e nell’inclusione non è solo un atto di giustizia sociale, ma anche una strategia vincente per il futuro del lavoro.