Il 13 marzo 2025, il governo italiano ha annunciato importanti novità riguardanti il concordato preventivo biennale, strumento fiscale pensato per facilitare la regolarizzazione della posizione fiscale dei contribuenti. Con la proroga del termine di adesione al 30 settembre 2025 e l’introduzione di modifiche significative, l’esecutivo mira a incentivare una maggiore partecipazione da parte dei professionisti e delle partite IVA. Questa riforma arriva in risposta a un numero di adesioni inferiore alle aspettative nel 2024, quando solo 600mila contribuenti hanno scelto di aderire.
Proroga del termine di adesione e esclusione del regime forfetario
Il Consiglio dei Ministri ha deliberato di estendere il termine per aderire al concordato preventivo fino al 30 settembre 2025. Questa decisione offre ai contribuenti un periodo di riflessione più ampio per valutare l’opportunità di partecipare a questo strumento fiscale. Tuttavia, una delle modifiche più rilevanti riguarda l’esclusione dei contribuenti che operano sotto il regime forfetario, noti anche come “forfettari“. Il governo ha giustificato questa scelta con il numero limitato di adesioni provenienti da questo gruppo e le richieste avanzate dalle associazioni di categoria. Pertanto, dal 1° gennaio 2025, i contribuenti in regime forfetario non potranno più accedere al concordato preventivo, una misura che potrebbe influenzare significativamente il panorama fiscale per molti professionisti.
Cos’è il concordato preventivo e come funziona
Il concordato preventivo è un meccanismo fiscale che consente ai contribuenti di regolarizzare la propria posizione fiscale in cambio di una percentuale sul reddito. In sostanza, chi decide di aderire al concordato paga una somma fissa basata sul reddito dichiarato, beneficiando di minori controlli e di alcune agevolazioni fiscali. Questo strumento è particolarmente utile per i professionisti e le partite IVA che prevedono guadagni superiori rispetto a quelli inizialmente stimati dal Fisco o che desiderano sanare redditi non dichiarati tra il 2018 e il 2022. La proroga e le modifiche introdotte mirano a rendere il concordato più accessibile e attraente per un numero maggiore di contribuenti.
Modifiche al calcolo delle imposte per i partecipanti
Le novità non si fermano alla proroga e all’esclusione dei forfettari. Infatti, cambiano anche le modalità di calcolo delle imposte per coloro che decidono di aderire al concordato preventivo. A partire dal 2025, l’imposta sostitutiva subirà un incremento nel caso in cui la differenza tra il reddito concordato e il reddito effettivo del periodo d’imposta precedente superi gli 85mila euro. In tal caso, il contribuente dovrà applicare le aliquote marginali Irpef, che possono arrivare fino al 43% per le persone fisiche, oppure l’aliquota del 24% nel caso delle società di capitali. Queste modifiche sono state introdotte per garantire una maggiore equità nel sistema fiscale e per rispondere alle criticità emerse durante la prima applicazione del concordato.
Risposta alle difficoltà riscontrate e obiettivi futuri
Il governo ha deciso di apportare questi aggiustamenti per affrontare le difficoltà emerse nella prima edizione del concordato preventivo. Nonostante le modifiche, il concordato rimane un’opzione importante per i contribuenti che desiderano regolarizzare la propria posizione fiscale, specialmente in un contesto economico incerto. L’obiettivo è quello di allineare meglio il concordato alle necessità dei contribuenti, ampliando la platea di chi può parteciparvi. Tuttavia, resta la sfida di incentivare le partite IVA a partecipare e di garantire che il sistema di calcolo delle imposte sia percepito come equo e sostenibile.
Un bilancio della prima edizione: adesioni deludenti
L’edizione 2024 del concordato preventivo ha registrato un numero di adesioni inferiore alle aspettative, con soli 600mila contribuenti che hanno scelto di partecipare. Questo dato è particolarmente preoccupante, considerando le proiezioni iniziali che prevedevano un coinvolgimento più ampio. Le adesioni sono state particolarmente basse tra i contribuenti in regime forfetario, che avrebbero dovuto beneficiare di vantaggi fiscali limitati a un solo anno. La situazione attuale solleva interrogativi sulla capacità del governo di incentivare una maggiore partecipazione e di rendere il concordato preventivo uno strumento davvero efficace per la regolarizzazione fiscale.