Il conflitto israelo-palestinese: la strategia di Netanyahu e il ruolo di Ben-Gvir

In Medio Oriente, il governo di Benjamin Netanyahu riaccoglie Itamar Ben-Gvir, intensificando il conflitto con Hamas a Gaza. Le vittime superano i 100 in un giorno e cresce la possibilità di un esodo palestinese.
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La situazione in Medio Oriente continua a essere complessa e tesa, con il governo di BENJAMIN NETANYAHU che ha recentemente riaccolto nel suo esecutivo ITAMAR BEN-GVIR e il suo partito ultranazionalista. Questa scelta segna un ritorno alla guerra come unica opzione per affrontare la questione palestinese, con l’obiettivo di eliminare definitivamente HAMAS. Tuttavia, questo obiettivo sembra irraggiungibile e viene utilizzato da NETANYAHU per consolidare il proprio potere politico, mentre il bilancio delle vittime a GAZA continua a crescere.

La strategia di Netanyahu e il contesto internazionale

NETANYAHU sta approfittando dell’incertezza strategica degli Stati Uniti in Medio Oriente. Secondo RENZO GUOLO, sociologo della religione all’Università di Padova, il premier israeliano teme che il conflitto a GAZA possa influenzare le trattative tra USA e RUSSIA riguardo all’UCRAINA. Questa situazione potrebbe portare a un accordo più ampio che ridefinisca gli equilibri globali. La ripresa dei combattimenti è stata giustificata come una pressione per il negoziato, ma in realtà ha trasformato la trattativa in un processo diverso rispetto a quanto previsto dall’amministrazione BIDEN.

La seconda fase della trattativa, che doveva iniziare a metà febbraio, avrebbe dovuto affrontare la questione dell’assetto definitivo dell’area, con la partecipazione di HAMAS. Tuttavia, NETANYAHU sembra non voler affrontare questo dibattito, consapevole che non è riuscito a raggiungere il suo obiettivo di distruggere completamente l’organizzazione palestinese.

Il bilancio dei combattimenti e la risposta di Hamas

Il conflitto ha già causato un numero elevato di vittime, con oltre 100 morti a GAZA in un solo giorno. A KHAN YOUNIS, il bilancio è di 15 vittime. La strategia militare israeliana rischia di trasformare la Striscia in un luogo invivibile, costringendo i palestinesi a considerare l’esodo. La risposta di HAMAS, che ha recentemente mostrato la sua forza liberando ostaggi, ha portato a un incremento del numero di militanti arruolati, stimato tra i 20 e i 25 mila.

NETANYAHU, ora più che mai, non intende fermarsi. La sua posizione politica appare favorevole, con IRAN e HEZBOLLAH in difficoltà. Tuttavia, la sua fretta è alimentata dalla paura che l’amministrazione TRUMP possa adottare una strategia imprevedibile, che potrebbe complicare ulteriormente la situazione.

Le prospettive future per i palestinesi

La possibilità di un esodo palestinese dalla Striscia di GAZA è diventata un tema di discussione. Alcuni suggeriscono che i palestinesi potrebbero essere trasferiti in paesi come SOMALIA, ETIOPIA o SIRIA. Tuttavia, un’azione militare per costringere i palestinesi a lasciare la loro terra appare inaccettabile per la comunità internazionale. I paesi arabi confinanti hanno già rifiutato tale opzione, e anche l’ARABIA SAUDITA, impegnata nel suo programma VISION 2030, non sembra disposta a collaborare.

La strategia militare di NETANYAHU potrebbe mirare a rendere la Striscia di GAZA talmente inabitabile da indurre un esodo volontario. Tuttavia, la guerra sembra essere una scelta senza ritorno, con il governo israeliano che continua a perseguire obiettivi strategici ambiziosi.

L’opinione pubblica israeliana e il futuro del governo

La popolazione israeliana sembra stanca del conflitto, ma la psicologia collettiva gioca un ruolo importante. Le minoranze che contestano NETANYAHU, anche in merito alla questione degli ostaggi, rappresentano una parte significativa, ma non maggioritaria, della società. Attualmente, la maggioranza degli israeliani condivide le linee guida del governo, rendendo difficile una crisi interna.

NETANYAHU utilizza la guerra per mantenere la propria posizione e quella del suo governo, mentre le contraddizioni interne vengono continuamente rimandate. L’unico elemento che potrebbe cambiare lo scenario è una strategia più chiara da parte degli Stati Uniti. Gli israeliani si affidano a se stessi, ma senza il supporto americano, la loro capacità di operare in modo efficace rimane limitata. La Casa Bianca deve decidere come affrontare questa situazione complessa e delicata.

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