Negli ultimi anni, il tema della casa è diventato un argomento centrale nel dibattito socio-politico italiano. In un’intervista a Che tempo che fa, l’europarlamentare Ilaria Salis di Alleanza Verdi-Sinistra ha evidenziato come i movimenti per la lotta per la casa stiano cercando di far fronte a un sistema che sembra non funzionare, occupando case pubbliche rimaste vuote. La questione richiede una riflessione profonda sui diritti abitativi e sulle politiche di edilizia sociale, che a volte vengono travisate dalla narrazione mediatica e politica.
Un sistema inefficace per il diritto alla casa
Ilaria Salis denuncia il malfunzionamento del sistema di assegnazione degli alloggi. Secondo l’europarlamentare, molte case di edilizia popolare sono progettate per essere allocate a chi ne ha realmente bisogno, ma questa assegnazione spesso non avviene come dovrebbe. Il risultato è una situazione paradossale: mentre ci sono famiglie e persone senza una casa, edifici pubblici restano abbandonati o non vengono sfruttati al fine di fornire un tetto a chi è in difficoltà.
Salis sottolinea che la Lombardia, in particolare, affronta delle sfide drammatiche in questo contesto. Le politiche pubbliche non riescono a rispondere in modo adeguato a un bisogno abitativo sempre più pressante. La situazione si fa ancora più complessa quando si considera il mercato degli affitti e dei mutui, spesso inarrivabili per chi vive in condizioni precarie.
L’occupazione come risposta a una mancanza di alternative
La pratica di occupare immobili pubblici abbandonati emerge come misura di emergenza in un contesto dove le opzioni legali per ottenere una casa sono limitate. I movimenti di lotta per la casa, secondo Salis, non sono mosse contro il diritto di proprietà, ma tentativi legittimi di trovare una soluzione a una crisi abitativa sempre più evidente. Quando queste persone, da sole o in gruppo, si insediano in edifici pubblici, lo fanno perché non hanno alternative. Questi appartamenti, tornati vuoti, sono destinati a essere abitati da chi non può permettersi affitti elevati o non ha accesso a un mutuo.
L’europarlamentare chiarisce che le abitazioni occupate non sono proprietà privata, ma fanno parte del patrimonio pubblico, creato per garantire un diritto fondamentale: quello di avere un tetto sopra la testa. La scelta di occupare diventa così una risposta necessaria in un contesto di abbandono e neglect da parte dell’amministrazione pubblica.
L’importanza di una narrazione corretta
Salis evidenzia la disinformazione che circola principalmente nella stampa e nei discorsi politici. In molti casi, la narrazione tende a lasciare intendere che chi occupa un’abitazione toglie spazi a chi ne ha diritto, senza considerare il contesto di emergenza che porta a tali scelte. La rappresentazione stativa dei movimenti di occupazione tende a oscurare i bisogni reali delle persone coinvolte, schiacciando le storie individuali in una retorica stereotipata.
È essenziale un cambio di passo nella comunicazione, per evitare che le occupazioni vengano demonizzate. La sfida è quella di riportare al centro i diritti umani e il diritto alla casa, elementi che dovrebbero essere prioritari in qualsiasi società che pretende di definirsi civile. La battaglia per la casa non è solo una questione abitativa, ma una questione di giustizia sociale per tutti quelli che ogni giorno lottano per un’esistenza dignitosa.