La disaffezione dei giovani al voto in Italia: un fenomeno allarmante

L’astensione al voto tra i giovani in Italia supera il 50%, evidenziando una crescente sfiducia nella politica e una rappresentanza giovanile in calo, con solo il 17% di candidati under 35 eletti.
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Il voto dei giovani in Italia sta vivendo una fase critica, con un’astensione che supera il 50% tra gli under 30. Questo dato, emerso da un’analisi del Censis, non riflette solo una mancanza di interesse, ma evidenzia una profonda sfiducia nei confronti della politica. La rappresentanza giovanile è in calo, mentre le istituzioni sembrano allontanarsi sempre di più dalle esigenze di questa fascia demografica. L’articolo esplora le cause di questa disaffezione e le sue implicazioni per la democrazia italiana.

Astensionismo giovanile: un quadro preoccupante

Nel 2022, solo il 42% dei giovani tra i 18 e i 25 anni ha partecipato alle elezioni politiche, con punte di astensione che in alcune città del Sud hanno raggiunto il 30%. Questo fenomeno ha portato gli esperti a coniare il termine “generazione astensionista“, evidenziando un trend che si discosta nettamente da quello di altri paesi europei, come Francia e Germania, dove l’affluenza giovanile è significativamente più alta, con un margine di 10-15 punti percentuali.

La rappresentanza giovanile in Parlamento è altrettanto allarmante: solo il 17% dei candidati eletti nel 2022 aveva meno di 35 anni, nonostante questa fascia di età rappresenti circa il 20% della popolazione. L’età media dei parlamentari italiani è tra le più alte d’Europa, segnalando una disuguaglianza che si riflette anche nelle politiche pubbliche. Mentre i giovani vedono ridotti gli investimenti in settori cruciali come scuola e occupazione, le risorse continuano a essere destinate a pensioni e bonus elettorali.

Questa situazione ha portato a un allontanamento progressivo dei giovani dalle urne, alimentando un circolo vizioso in cui la politica si rivolge sempre più a un elettorato anziano, riducendo ulteriormente gli stimoli per un cambiamento.

Educazione civica e partecipazione: un gap da colmare

La questione della rappresentanza giovanile è complessa e le forze politiche sembrano divise su come affrontarla. Il Partito Democratico, guidato da Elly Schlein, ha promesso un rinnovamento generazionale, ma le azioni concrete tardano ad arrivare. Al contempo, il Movimento 5 Stelle, che inizialmente si era presentato come un’alternativa fresca, ha visto un processo di istituzionalizzazione che ha allontanato i giovani.

Dall’altra parte, i partiti di destra, come Fratelli d’Italia e Lega, si concentrano su un elettorato più maturo, relegando i giovani a un ruolo marginale nel dibattito pubblico. Alcune iniziative, come la proposta di Carlo Calenda di un “election day” o il “bonus cultura” per incentivare la partecipazione, non affrontano il problema alla radice. La vera sfida è la necessità di una riforma strutturale della partecipazione, che includa un’educazione civica più robusta e spazi reali di coinvolgimento.

L’assenza di un’educazione civica efficace nelle scuole, unita a un disinteresse mediatico per le questioni giovanili e a una precarietà diffusa, contribuisce a generare apatia. I giovani non si sentono rappresentati e, di conseguenza, non votano; ma non votando, diventano ancora meno visibili per le forze politiche.

L’attivismo giovanile oltre il voto

Contrariamente a quanto si possa pensare, i giovani non sono apolitici, ma praticano una forma di politica diversa. Mobilitazioni per il clima, difesa dei diritti civili e partecipazione attiva in collettivi universitari e movimenti di base dimostrano un forte interesse per la sfera pubblica. Tuttavia, il sistema dei partiti non riesce a intercettare questa energia.

In un contesto di crisi come quello attuale, l’astensionismo rappresenta un lusso che non possiamo permetterci. Chi sceglie di non votare rinuncia a influenzare le decisioni che riguardano il proprio futuro. La disaffezione giovanile può portare a una percezione della democrazia come strumento irrilevante, con il rischio che un’intera generazione smetta di considerarla utile.

Per affrontare questa sfida, è fondamentale restituire significato e dignità alla partecipazione. Ciò richiede uno sforzo collettivo che coinvolga scuole, istituzioni e media, per evitare di rimanere sorpresi dall’astensionismo senza adottare misure efficaci per contrastarlo.

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