L’unione Europea e la necessità di una difesa collettiva: riflessioni post-Covid

Nel 2025, l’Unione Europea affronta la sfida della difesa collettiva dopo aver distrutto 131,7 milioni di dosi di vaccini contro il Covid-19, con l’Italia che ha smaltito 46,8 milioni.
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L'unione Europea e la necessità di una difesa collettiva: riflessioni post-Covid - unita.tv

La pandemia di Covid-19 ha messo in luce la vulnerabilità dei sistemi sanitari e delle politiche europee. Oggi, l’Unione Europea si trova di fronte a una nuova sfida: la necessità di una difesa collettiva. Questo articolo esplora i dati sui vaccini distrutti e le implicazioni per la sicurezza europea, con particolare attenzione alla posizione dell’Italia.

La distruzione dei vaccini: un dato allarmante

Negli ultimi anni, i Paesi dell’Unione Europea hanno distrutto un numero impressionante di dosi di vaccini contro il Covid-19. Secondo le stime, almeno 131,7 milioni di dosi sono state eliminate, ma il dato reale potrebbe avvicinarsi ai 500 milioni. Questa cifra è stata confermata da un’indagine condotta con la Commissione Europea e 22 governi nazionali, che rappresentano quasi il 99% della popolazione dell’Unione. Solo cinque Paesi hanno fornito dati chiari: Italia, Polonia, Finlandia, Bulgaria e Austria. Tra questi, l’Italia ha smaltito ufficialmente 46,8 milioni di dosi, mentre l’Austria ha distrutto 25 milioni. Questi numeri sollevano interrogativi sulla gestione delle risorse e sull’efficacia delle campagne vaccinali.

La situazione è preoccupante, non solo per il numero di dosi distrutte, ma anche per il costo associato a queste operazioni. Si stima che il costo medio di ogni dose smaltita sia di circa 16,7 euro, portando a una spesa complessiva di circa 8,5 miliardi di euro per l’Unione Europea. La Commissione Europea, pur avendo svolto un ruolo cruciale negli acquisti congiunti, ha risposto in modo vago alle richieste di chiarimenti, rimandando le responsabilità ai singoli Stati membri.

L’ostilità ai vaccini e le sue conseguenze

È fondamentale chiarire che i dati sulla distruzione dei vaccini non devono essere utilizzati per giustificare l’ostilità verso le vaccinazioni. Nonostante le dosi smaltite, l’Unione Europea ha acquistato quasi due miliardi di vaccini, di cui almeno un miliardo e mezzo sono stati somministrati, contribuendo a salvare milioni di vite e a sostenere l’economia. Tuttavia, la campagna vaccinale ha rivelato anche una lezione importante per l’Europa: la necessità di una risposta collettiva e coordinata di fronte a minacce comuni.

Oggi, l’Europa si trova ad affrontare un’altra emergenza, questa volta legata alla difesa. La Commissione Europea sta preparando un “libro bianco” per l’iniziativa ReArm Europe, che mira a rafforzare la sicurezza collettiva. Tuttavia, la storia della pandemia ha dimostrato che l’urgenza può portare a decisioni affrettate e poco ponderate. È essenziale che i leader europei non cedano alla tentazione di agire senza una chiara strategia, soprattutto in un contesto di crescente scetticismo tra la popolazione.

La posizione dell’Italia nel contesto europeo

L’Italia si trova in una posizione particolare rispetto agli altri Paesi europei. Mentre molti leader politici e militari si riuniscono per discutere di difesa comune, l’opinione pubblica italiana appare scettica riguardo alla necessità di un rafforzamento della difesa. Secondo un sondaggio Ipsos, il 57% degli italiani non si sente schierato né con la Russia né con l’Ucraina, evidenziando una crescente aspirazione verso una forma di neutralità. Questo scetticismo è presente in tutte le principali forze politiche, rendendo difficile il consenso su questioni di sicurezza.

La percezione di una minaccia non immediata da parte della Russia contribuisce a questa posizione. Molti italiani ritengono che la Russia non rappresenti un pericolo diretto e che la guerra in Ucraina non debba influenzare le scelte di politica estera italiana. Questo atteggiamento è in contrasto con le posizioni di altri Paesi europei, dove la consapevolezza della minaccia russa ha portato a un’accelerazione nella spesa per la difesa e nel supporto militare all’Ucraina.

La nostalgia della guerra fredda e le implicazioni future

La situazione attuale in Italia riflette una nostalgia per la stabilità della Guerra Fredda, un periodo in cui le minacce erano percepite in modo diverso. Oggi, molti italiani sembrano desiderare una forma di neutralità, simile a quella della Svizzera. Questa posizione, tuttavia, potrebbe avere conseguenze significative per la sicurezza nazionale. La mancanza di un consenso su questioni di difesa potrebbe indebolire la posizione dell’Italia all’interno dell’Unione Europea e compromettere la sua capacità di influenzare le decisioni comuni.

Inoltre, la crescente disaffezione verso le politiche di difesa potrebbe portare a una diminuzione della spesa militare e a una minore capacità di rispondere a minacce esterne. La storia recente ha dimostrato che le crisi possono emergere rapidamente e che la preparazione è fondamentale. Gli italiani devono essere consapevoli delle sfide che il Paese potrebbe affrontare e delle implicazioni delle loro scelte politiche.

L’Unione Europea ha l’opportunità di imparare dalle esperienze della pandemia e di affrontare le sfide future con una visione condivisa e un impegno collettivo. La sicurezza europea dipende dalla capacità di ogni Stato membro di riconoscere l’importanza di una difesa comune e di lavorare insieme per garantire un futuro stabile e sicuro per tutti.