Nel contesto della crescente preoccupazione per la sorveglianza digitale e le violazioni dei diritti umani, un altro nome si aggiunge alla lista delle ottanta vittime accertate dello spyware Graphite. David Yambio, un cittadino sudanese, ha denunciato pubblicamente di essere stato torturato in Libia e ha espresso il suo rammarico per il presunto coinvolgimento dell’Italia in questa situazione. In una conferenza stampa tenutasi al Parlamento europeo, Yambio ha lanciato un appello affinché l’Unione Europea sostenga la Corte penale internazionale, a fronte delle recenti sanzioni imposte dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.
Il caso Yambio e la conferenza stampa al Parlamento europeo
David Yambio si è presentato al Parlamento europeo per raccontare la sua esperienza e richiedere un’inchiesta approfondita sulle violazioni dei diritti umani di cui è stato vittima. Durante l’incontro, ha descritto le torture subite mentre si trovava in Libia e ha sottolineato come l’uso di spyware come Graphite allerti la comunità internazionale su questioni di sicurezza e diritti. Yambio ha espresso preoccupazione per il fatto che il governo italiano, attraverso il supporto alle forze libiche, possa aver contribuito alla sua detenzione e torture.
L’udienza ha avuto un impatto significativo e ha messo in luce la necessità di una maggiore attenzione da parte degli organi europei verso le pratiche di sorveglianza e le violenze perpetrate nei confronti dei migranti e dei richiedenti asilo. Un aspetto chiave del discorso di Yambio è stato la richiesta di trasparenza da parte del governo italiano, affinché si faccia luce sulle responsabilità di chi ha permesso tali pratiche.
Audizione del direttore dell’Aise al Copasir
Nel pomeriggio stesso, il Copasir ha convocato Giovanni Caravelli, direttore dell’Aise, per discutere le problematiche legate a Graphite. Durante un’audizione di oltre due ore, Caravelli ha risposto a domande su come il software venga utilizzato e ha trattato di vari aspetti legati alle operazioni del suo ufficio. È emerso che, contrariamente alle anticipazioni circolate, Paragon Solutions, l’azienda alla quale è attribuito il software, non ha rescisso il contratto con le autorità italiane.
L’agenzia ha sostenuto di vendere il suo spyware solo a entità statali, ma recenti rapporti indicano che almeno novanta individui in Europa sono stati avvisati di essere stati infettati dal virus, di cui sette sono italiani. L’azienda stessa avrebbe riferito che l’uso di Graphite a scopi non conformi alle sue politiche interne sarebbe inaccettabile, ma le notifiche non sembrano aver inciso sul contratto con l’Italia.
La complicità italiana e le reazioni politiche
Il tema della sorveglianza e della presunta complicazione dell’Italia nella vicenda Graphite ha acceso dibattiti in ambito politico. Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, ha espresso forte preoccupazione riguardo ai possibili abusi di sorveglianza nei confronti di giornalisti e attivisti. Ha esortato a una verifica immediata delle pratiche effettuate e ha chiesto che il governo chiarisca la sua posizione in merito.
Proseguendo nell’incontro, Caravelli ha affrontato anche le discussioni relative ai contatti con la Libia, un Paese strategico per l’Italia sotto diversi profili, come la gestione dei flussi migratori e le risorse energetiche. È emerso che, nonostante le polemiche attorno a Graphite, le comunicazioni con le autorità libiche continuano regolarmente.
Dichiarazioni di David Yambio e la richiesta di protezione
Mentre la questione si sviluppa, David Yambio non ha nascosto la sua frustrazione. Rivolgendosi alle istituzioni italiane e europee, ha sottolineato il suo timore per la sicurezza personale e per quella della sua famiglia. Ha affermato che il suo telefono è stato colpito da spyware mentre si trovava in Italia, sollevando interrogativi sulla protezione dei diritti dei migranti. “Come posso essere certo che nessuno stia condividendo le mie informazioni con chi ha come obiettivo la mia tortura?” ha chiesto Yambio durante l’incontro.
Il suo appello ha messo in evidenza la necessità di un intervento efficace da parte del governo italiano, non solo per garantire la sua sicurezza, ma anche per rispondere alle problematiche più ampie legate alla sorveglianza e ai diritti umani. Il futuro di Yambio, così come quello di tanti altri, dipenderà quindi dalla risposta delle autorità italiane e dalla volontà di affrontare le gravi accuse legate a Graphite e alle sue implicazioni.