Il Consiglio Grande, svoltosi il 5 febbraio a Senigallia, ha sollevato un acceso dibattito tra cittadini e politici. Il tema centrale dell’incontro è stato il ponte Garibaldi, ma ciò che ha attirato l’attenzione è stata la decisione di escludere numerosi partecipanti dal dibattito. Un episodio che ha generato polemiche e malcontento, specialmente tra le figure politiche e le associazioni locali che non hanno potuto esprimere il proprio punto di vista in un’aula consiliare affollata.
L’elenco degli esclusi e le reazioni politiche
A rimanere esclusi dall’incontro sono stati nomi di spicco come Chantal Bomprezzi, segretaria del Partito Democratico delle Marche, e Maurizio Mangialardi, vicepresidente dell’assemblea legislativa regionale. Anche Marco Ausili, consigliere regionale di Fratelli d’Italia, insieme a diverse associazioni e persino la scuola di pace ‘Buccelletti’ di Senigallia, sono rimasti al di fuori del dibattito. Queste esclusioni hanno scatenato una serie di critiche. Alcuni rappresentanti di queste realtà sostengono che la loro voce sia stata silenziata, esprimendo un forte disappunto per non aver potuto partecipare a un tema così rilevante per la comunità.
Le dichiarazioni del presidente del Consiglio comunale
La questione ha portato a dichiarazioni accese da parte di Massimo Bello, presidente del Consiglio comunale, il quale ha definito le critiche provenienti da alcuni esponenti del Partito Democratico e della sinistra radicale come “pleonastiche”. Secondo Bello, costoro non avrebbero compreso il funzionamento dello Statuto di Senigallia e il criterio con cui sono stati selezionati gli interventi. Ha specificato che l’articolo 23 dello Statuto è stato applicato in maniera rigorosa, senza lasciare spazio a interpretazioni personali. Questo ha fatto sollevare numerosi interrogativi, con le posizioni di Bello che hanno finito per scontrarsi con il sentimento di molti cittadini.
La garanzia per un dibattito rappresentativo
Delle 36 richieste di intervento presentate, solamente 20 sono state approvate. Questa selezione ha fatto parlare alcuni cittadini di un “bavaglio” alla democrazia, evidenziando il timore che il dibattito pubblico possa essere limitato o filtrato. Nella risposta a tali preoccupazioni, Bello ha chiarito che i tempi e i modi degli interventi erano già stati stabiliti durante una riunione della conferenza dei capigruppo. Ha tuttavia insistito che l’incontro era riservato a formazioni associative, sindacali e di categoria, escludendo espressamente partiti e movimenti politici, i quali dovrebbero avere altre sedi per esprimere liberamente le proprie opinioni.
Un confronto sulle modalità del dibattito
Nonostante le indicazioni di Bello, il metodo con cui si è scelto di gestire il Consiglio Grande ha scatenato una serie di interrogativi rispetto alla trasparenza e all’inclusività del processo decisionale. Molti cittadini si sono chiesti perché non fosse stata concessa maggiore enfasi alla pluralità di voci e opinioni sul tema del ponte Garibaldi, considerato un argomento cruciale per il futuro della città. Le polemiche che ne sono seguite suggeriscono la necessità di un ripensamento delle modalità di conduzione di tali dibattiti, affinché in futuro si possa garantire una partecipazione più ampia e rappresentativa.