La mozione di sfiducia presentata dai 5 Stelle nei confronti della ministra Daniela Santanchè, riguardante la questione di Visibilia, ha catalizzato l’attenzione a Montecitorio. Nonostante il clima teso, l’aula ha visto la partecipazione significativa dei leader dell’opposizione, mentre i rappresentanti della maggioranza si sono mostrati presenti in numero ridotto. Nella discussione si è evidenziato il contrasto tra le forze in campo e le aspettative politiche che circondano un tema che coinvolge la credibilità delle istituzioni.
Presenze in aula: l’opposizione superiore nella partecipazione
Nella giornata di oggi, al cospetto della Camera, si sono ritrovati numerosi esponenti dell’opposizione, tra cui Giuseppe Conte ed Elly Schlein. Al contrario, i banchi della maggioranza si presentavano in maniera decisamente deserta. L’emiciclo di Montecitorio, solitamente affollato, mostrava una presenza significativa da parte dei gruppi di opposizione, mentre Fratelli d’Italia e altre forze di maggioranza apparivano poco rappresentate. Presenti all’incontro, accanto alla Santanchè in un elegante tailleur panna, erano il ministro Luca Ciriani, il ministro del Sud Nello Musumeci e alcuni sottosegretari.
Secondo quanto riportato, le fila di Forza Italia, Lega e Noi Moderati erano vuote, e il deputato del Pd Federico Gianassi ha evidenziato come i rappresentanti di Fratelli d’Italia fossero “costretti a partecipare”, con una manciata di presenze attiva. Nessun deputato della maggioranza ha preso parola durante la discussione, limitando così l’intervento solo ai gruppi M5S, Pd e Alleanza Verdi e Sinistra.
Tempi incerti per il voto: quando si deciderà il destino della ministra?
Oggi si è svolta esclusivamente la discussione generale della mozione di sfiducia, con poche certezze riguardo ai tempi di esame e votazione. La mozione è stata inserita nel calendario della Camera per la settimana, che si svolgerà dal martedì al venerdì. Tuttavia, un’ulteriore complicazione è rappresentata dalla convocazione del Parlamento in seduta comune prevista per giovedì, in cui si dovrà discutere anche il decreto PNNR.
Luca Ciriani ha chiarito che sarà compito della capigruppo stabilire quando si voterà, affermando che il governo ha un ruolo limitato in questa dinamica. “Una mozione del genere si discute in poche ore. Se non si troverà spazio in settimana, si può fare anche la prossima”, ha dichiarato Ciriani, sollecitando una decisione tempestiva. Sul voto stesso, ha garantito che la replica della ministra avverrà il giorno della votazione, promettendo una risposta articolata da parte della maggioranza.
Accuse di arroganza politica da parte dell’opposizione
Durante il dibattito, il capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra, Filiberto Zaratti, ha espresso accuse incisive nei confronti della ministra Santanchè, sostenendo che la destra stia “trasformando questioni politiche fondamentali in una farsa”. Secondo Zaratti, la credibilità delle istituzioni viene minata dalla condotta del governo, ed ha avanzato esplicita richiesta di dimissioni per la ministra, citando il suo coinvolgimento in accuse di truffa ai danni dello Stato. Ha sottolineato come l’arroganza del potere possa allontanare i politici dalla realtà del Paese.
Riflessioni dagli altri partiti: chi chiede dimissioni e chi difende la ministra
Riccardo Magi, segretario di +Europa, si è espresso con fermezza, affermando che la Santanchè è già stata sfiduciata dalla sua stessa maggioranza. Ha ritenuto inopportuna la sua posizione di ministro, soprattutto nel settore del Turismo, vista la sua storia imprenditoriale e il suo legame con lobby che impediscono una concorrenza leale. Magi ha ricordato le gravi conseguenze di tale situazione per l’erario e la libertà economica.
Dall’altro lato, Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha difeso la Santanchè, affermando che la presunzione di innocenza debba valere fino alla sentenza di terzo grado. In questo modo, ha cercato di ridimensionare le accuse e giustificare la sua permanenza al governo, scagionando la ministra da eventuali pressioni politiche per dimettersi.