La medicina contemporanea si sta trasformando in un mercato in cui i vantaggi dei farmaci sono enfatizzati, mentre gli effetti indesiderati vengono trascurati. Questa dinamica è stata messa in luce da Silvio Garattini, presidente e fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs, durante la sua lectio magistralis al 22esimo Congresso nazionale della Sitox – Società italiana di tossicologia a Bologna. I rappresentanti della comunità medica sono chiamati a riconsiderare il delicato equilibrio tra il potenziale delle cure e i rischi associati.
Il mercato farmaceutico e la valutazione dei rischi
Negli ultimi anni, il settore farmaceutico ha visto una crescita significativa, portando con sé una sempre maggiore attenzione ai profitti derivanti dalla vendita di medicinali. Garattini ha sottolineato come questo mercato possa talvolta spingere a minimizzare le problematiche legate alla sicurezza dei farmaci. “La narrativa si concentra frequentemente sui benefici, dimenticando i potenziali effetti tossici”, ha dichiarato l’esperto, invitando i medici a mantenere un approccio critico nella loro pratica professionale.
Un aspetto fondamentale di questa discussione è il rapporto tra benefici e rischi di ogni farmaco. I medici, quando prescrivono un trattamento, devono necessariamente analizzare attentamente tale rapporto. È necessario un approccio più responsabile che consideri non solo l’efficacia del farmaco, ma anche le possibili reazioni avverse che potrebbero sorgere nel paziente. Garattini ha rimarcato l’importanza di un’educazione continua per i medici, affinché siano sempre aggiornati sulle ultime evidenze scientifiche riguardanti la sicurezza dei reperti farmacologici.
L’esclusione di fasce vulnerabili dagli studi clinici
Un altro tema centrale del discorso di Garattini riguarda la composizione delle popolazioni coinvolte negli studi clinici. L’esperto ha richiamato l’attenzione su come gli anziani, che rappresentano una quota significativa dei pazienti, siano spesso esclusi dalle sperimentazioni. Questa fascia di popolazione utilizza infatti il 70% dei farmaci disponibili, ma raramente partecipa a studi clinici, che tendono a focalizzarsi su soggetti tra i venti e i sessantacinque anni.
In particolare, Garattini ha evidenziato come i bambini siano raramente inclusi nei trial clinici, nonostante le loro peculiarità metaboliche e fisiche che necessiterebbero di un’attenzione specifica. “Spesso si calcolano le dosi in base ai milligrammi per chilogrammo, trattando i bambini come se fossero adulti in miniatura”, ha avvertito. Questa prassi può comportare rischi per la sicurezza dei più piccoli, dato che il loro organismo è in fase di sviluppo.
Inoltre, Garattini ha messo in luce la mancanza di rappresentanza della popolazione femminile negli studi clinici, che non è spesso adeguatamente considerata rispetto ai suoi livelli maschili. Questa disparità potrebbe portare a limitazioni sia nell’efficacia che nella sicurezza dei farmaci per le donne, sottolineando così la necessità di una maggiore inclusività nelle fasi di sperimentazione.
L’argomento sollevato da Garattini invita a una riflessione profonda sul modo in cui le pratiche mediche e di sperimentazione si sono sviluppate nel tempo e sulla loro necessità di evolvere per garantire la sicurezza di tutti i pazienti.