La serie “Gangs of Milano“, disponibile su Sky e NOW dal 21 marzo, si inserisce nel panorama delle produzioni italiane che cercano di raccontare storie di criminalità e vita urbana. Nonostante le buone premesse, la serie sembra non riuscire a cogliere appieno l’essenza delle sue tematiche, risultando in un prodotto che, purtroppo, si rivela deludente. In questo articolo, esploreremo la trama, i personaggi e le problematiche riscontrate nella serie, cercando di capire perché questa produzione rappresenti un’occasione mancata.
La trama di Gangs of Milano
“Gangs of Milano” si sviluppa attraverso otto episodi, in cui ritroviamo alcuni personaggi già noti ai fan di “Blocco 181“. La storia si concentra su Bea, che guida la banda della Misa, impegnata nel traffico di droga nei locali notturni di Milano. Mahdi, che ha preso il controllo del Blocco dopo aver ereditato il racket degli appartamenti dallo zio, e Ludovico, tormentato dai fantasmi del passato e coinvolto in un piano di vendetta, si uniscono a Bea in una narrazione che si intreccia con le nuove dinamiche del blocco.
La serie introduce anche il gruppo multietnico della Kasba, guidato da Zak e Nael, due giovani di origine araba che cercano di affermarsi sia nel blocco che nella scena musicale trap. Tuttavia, le loro aspirazioni si scontrano con la microcriminalità e le tensioni con i residenti, creando un contesto complesso e conflittuale. Nonostante le premesse intriganti, la trama si sviluppa in modo confuso e poco incisivo, lasciando lo spettatore con una sensazione di insoddisfazione.
Un’esperienza visiva deludente
La visione di “Gangs of Milano” si conclude con un sospiro di sollievo, non per la risoluzione di una trama avvincente, ma per la liberazione da un’esperienza frustrante. La regia, caratterizzata da uno stile schizofrenico, cerca di dare un’identità visiva ai tre protagonisti, ma il risultato è un amalgama disordinato di scelte estetiche che sembrano più un tentativo di shock visivo che una narrazione coerente.
Le puntate, che durano tra i 48 e i 65 minuti, si trascinano con scene eccessivamente lunghe e un uso ripetitivo di montaggi che richiamano documentari naturalistici, creando un effetto di confusione. La serie sembra voler emulare il successo di “Gomorra“, ma senza la profondità e la complessità narrativa che hanno reso quella produzione un cult. La superficialità con cui vengono affrontati temi delicati e attuali, come la criminalità e le tensioni sociali, risulta evidente, rendendo la narrazione poco credibile e priva di spessore.
Tematiche attuali e opportunità mancate
Nonostante il titolo faccia riferimento a Milano, gran parte delle riprese è avvenuta a Torino, scelta che evidenzia un approccio pragmatico alla produzione, ma che toglie autenticità al racconto. La serie affronta questioni sociali rilevanti, come le tensioni etniche e le problematiche legate alla vita nei quartieri difficili, ma lo fa con una superficialità che ricorda i testi più banali della musica trap.
La mancanza di un approfondimento critico su temi così complessi rappresenta una grande occasione persa. La narrazione avrebbe potuto esplorare le dinamiche sociali e culturali che caratterizzano le aree problematiche di Milano, ma si limita a una rappresentazione estetica e poco incisiva. In un contesto in cui la cronaca offre spunti significativi, “Gangs of Milano” non riesce a tradurre queste realtà in una narrazione avvincente e significativa.
Un giudizio finale
“Gangs of Milano” si presenta come un prodotto che, pur cercando di inserirsi in un filone di successo, non riesce a soddisfare le aspettative. La trama confusa, la regia disordinata e la superficialità nella trattazione di temi complessi rendono questa serie un’opera che delude. Con un potenziale narrativo così ricco, la produzione si perde in scelte stilistiche poco efficaci, lasciando lo spettatore con un senso di insoddisfazione e una riflessione su ciò che avrebbe potuto essere.