La questione del Dna estratto dalle unghie di Chiara Poggi continua a sollevare interrogativi e polemiche. Il professor Francesco De Stefano, genetista che ha redatto la perizia nel 2014, ha recentemente rilasciato dichiarazioni in merito ai risultati del suo lavoro e alle nuove indagini condotte dalla Procura di Pavia. In questo articolo, esploreremo le sue affermazioni e il contesto in cui si inseriscono, cercando di fare chiarezza su un caso che ha tenuto banco per anni.
La perizia del professor De Stefano: un’analisi approfondita
Il professor Francesco De Stefano, che ha dedicato gran parte della sua carriera alla genetica forense, ha firmato la perizia sul Dna di Chiara Poggi nel 2014. In questa perizia, il genetista ha analizzato il profilo genetico estratto dalle unghie della giovane, giungendo a conclusioni che, secondo lui, non sono cambiate nel tempo. De Stefano ha sottolineato che i risultati ottenuti durante le operazioni peritali a Genova sono stati chiari e definitivi. Secondo il professor De Stefano, i marcatori genetici trovati non possono essere attribuiti a nessuno in particolare, evidenziando che la presenza di cromosomi Y non permette di identificare un individuo specifico, ma solo di determinare il sesso maschile.
De Stefano ha anche messo in evidenza la complessità dei risultati ottenuti, affermando che i dati presentavano marcatori frammisti e risultati incostanti. La replicabilità dei risultati, fondamentale in ambito scientifico, non è stata raggiunta, poiché gli esami hanno fornito risultati diversi in tre occasioni distinte. Questo ha portato il genetista a concludere che il Dna analizzato non fosse attribuibile a nessuna persona specifica.
Le nuove indagini e il ruolo del software
Recentemente, la Procura di Pavia ha avviato nuove indagini, ipotizzando che un software innovativo potesse aver rielaborato i dati, giungendo a conclusioni differenti rispetto alla perizia originale. De Stefano ha espresso scetticismo riguardo a questa possibilità, sottolineando che i software elaborano informazioni basate sui dati forniti. Se i dati iniziali non sono completi o coerenti, il risultato finale potrebbe risultare fuorviante. Il genetista ha chiarito che, a suo avviso, il Dna trovato sulle unghie di Chiara Poggi è il risultato di un trasferimento da oggetti, piuttosto che di un contatto diretto con la vittima.
De Stefano ha anche affrontato la questione della persistenza del Dna su oggetti toccati dall’indagato e dalla vittima. Ha spiegato che il Dna non scompare facilmente, rimanendo su superfici come tastiere, maniglie o stipiti di porte, anche se può degradarsi nel tempo. Questa affermazione solleva ulteriori interrogativi sulla dinamica degli eventi che hanno portato alla scoperta del Dna.
Il futuro del caso e le dichiarazioni del professor De Stefano
Il professor De Stefano ha dichiarato di non sapere se le nuove indagini porteranno a un processo. Ha espresso rispetto per il lavoro dei magistrati, ma ha anche messo in guardia contro il “narcisismo ricostruttivo” che può influenzare le interpretazioni dei dati scientifici. Secondo lui, è fondamentale per i professionisti del settore avere il coraggio di ammettere quando non si ha una risposta certa, piuttosto che cercare a tutti i costi un risultato.
Queste affermazioni evidenziano l’importanza di un approccio scientifico rigoroso e onesto, soprattutto in casi delicati come quello di Chiara Poggi, dove le implicazioni sono enormi e le verità possono essere difficili da stabilire. La questione del Dna e della sua interpretazione rimane al centro del dibattito, mentre il caso continua a suscitare interesse e preoccupazione nell’opinione pubblica.
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